sabato 12 aprile 2008

Dolore.

Quanto il dolore fisico si relaziona al dolore emozionale?
E quanto il dolore emozionale è funzionale alla creatività?
Dove sta il limite tra lo stimolo creativo dato dal dolore e il blocco manuale dato dallo stesso?

Sono qui ora a creare. Scrivo creativamente accompagnata da un dolore fisico lancinante. Anzi forse sono vari dolori combinati assieme. Eppure non mi fermano, mi danno un’insolita spinta ad alzarmi dal divano/letto/sedia e salire nello studio a mettere in pratica qualche cosa.
Questi dolori sono accompagnati dai soliti e dagli insoliti tormenti emozionali. A volte il dolore mi serve a mascherarli, mi focalizzano su un altro piano e li soffro di meno. A volte, come oggi, si amalgamano al composto e ne evidenziano le peculiarità. Come capita a volte in cucina. Una cipolla a volte copre i sapori e fa sembrare migliore un piatto altrimenti cattivo, altre volte come nel curry ne esalta il tono e insieme danno vita a una terza entità dai poteri straordinari.
Allora mi capita di provocarmi consciamente o inconsciamente del dolore per coprire una sofferenza o per trasformarla in una cosa positiva.
La seconda opzione è sempre auspicabile ma non sempre ci riesco. È quella che io poi chiamo pigrizia: se non riesco a positivizzare un dolore mi blocco e non faccio. Niente.
Nella mia testa sono iperattiva, si spiega così il mio vizio di svegliarmi presto anche quando potrei dormire. Si spiega così anche la mia tendenza quasi patologica a perdonare e continuare a volere bene anche a chi mi fa soffrire: in fondo so che quello è cibo per il mio creare.

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